Disinformazione sulla #webtax.

Mentre negli Stati Uniti cresce la consapevolezza che le big tech debbano essere tassate perché responsabili della chiusura di molte testate, in Italia c’è ancora qualcuno che spende il suo tempo e le sue risorse per sostenere che la webtax sia inutile.

Per esempio il notiziario formiche.net si prodiga molto a spiegarci che la webtax è una brutta cosa.

Il 14 novembre scorso, pubblica un articolo (bit.ly/369Yja2) firmato da Chiara Masi in cui si sostiene che secondo un sondaggio Euromedia Research, “Quasi un italiano su due non condivide la webtax”. Non sappiamo però chi abbia commissionato il sondaggio e come sia composto il campione di riferimento.

Per rincarare la dose, formiche.net, non si limita ad annunciarci che la #webtax non piace agli italiani, ma ci ricorda nell’articolo che, secondo l’Istituto Bruno Leoni, “i proventi per le finanze dello Stato potrebbero essere molto inferiori a quanto atteso.” (bit.ly/2rCs7gv)

Da ultimo a mettere la ciliegina sulla torta, lo scorso 19 dicembre, ci pensa l’ex parlamentare Sergio Boccadutri che con un articolo terrorizzante (bit.ly/358Un8n) ci spiega che a farne le spese saranno di certo Espresso, Rcs, Mediaset, Mondadori.

Boccadutri non è nuovo ad iniziative volte a favorire le big tech. Nel 2017 si era speso per difendere gli interessi di Apple (bit.ly/37lTpHq).

Boccadutri uomo di sinistra – per me un enigma – omette di spiegare che la #webtax si applica a società che superano in ricavi i 750 milioni di euro, di cui almeno 5,5 milioni realizzati nel digitale, nessun gruppo editoriale italiano supera quelle cifre e i detrattori della legge lo sanno, ma dicono, a sostegno delle loro teorie, che i giganti del web si rivarranno facendo ricadere quella tassa sugli italiani.

Su chi? Su quali italiani? Non ce lo spiegano.

Secondo Boccadruti a farne le spese saranno Espresso, Rcs, Mediaset, Mondadori.

Probabilmente Boccadutri si riferisce alla pubblicità digitale (banner e display).

Orbene, i gruppi editoriali vendono e non “comprano” spazi pubblicitari digitali. Quindi non si capisce come Google, Facebook e Amazon possano rivalersi su di loro.
Forse si vuole riferire a chi compera gli spazi pubblicitari dai big tech.
E allora in quel caso, gli editori non possono che gioirne.
Se veramente Google e Facebook e Amazon penalizzeranno gli inserzionisti italiani ricaricando la tassa che il governo farà pagare loro, sarà meglio per loro programmare le inserzioni direttamente con gli editori italiani. Qual è il problema?

Ora una domanda diventa d’obbligo. Perché gran parte dei gruppi editoriali non prende posizione sulla webtax? In fondo la materia dovrebbe interessare molto da vicino sia gli interessi dei giornalisti e sia quelli degli editori, si tratta anche del loro futuro!

Forse perché hanno timore di guastare i loro rapporti con Google?

Pure essendo un grande estimatore e un grande utilizzatore dei prodotti e degli strumenti che Google mi mette a disposizione, non trovo contraddittorio sostenere che sia immorale che questa società, come le altre che dominano il web, non debbano contribuire economicamente per rimediare alla “disruption” in atto nel business della notizia.

Comunque sia, ritengo sia doveroso che le varie testate informino i propri lettori sull’uso che fanno dei fondi messi a loro disposizione dalle big tech.

Per conoscere quali sono i progetti innovativi digitali che Google ha in cantiere con i gruppi editoriali italiani si può visitare il seguente URL:

https://newsinitiative.withgoogle.com/dnifund/dni-projects/?country=ITA

Al momento, l’elenco completo dei gruppi editoriali italiani, molto contenuto rispetto agli altri paesi, che hanno ottenuto fondi da Google è il seguente:

  • Poligrafici Editoriale spa
  • Linkiesta.it
  • SESAAB spa
  • GEDI News Network spa
  • Ced Digital & Servizi srl

ed è disponibile alla pagina:

https://newsinitiative.withgoogle.com/dnifund/insights/read-full-list-successful-round-6-recipients-here/

Per concludere, è utile ricordare che la webtax porta soldi allo Stato italiano e non agli editori, mentre invece la legge sul copyright porta i soldi direttamente nelle tasche degli editori.


Immagine cover: https://www.piqsels.com/en/public-domain-photo-zvqlf


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2 risposte a “Disinformazione sulla #webtax.”

  1. Avatar Renato Gelforte

    Altro articolo utile a riguardo del ruolo che le piattaforme online hanno nel business della notizia e dell’informazione:
    https://www.primaonline.it/2020/01/10/299749/il-ruolo-delle-piattaforme-online-di-pier-luigi-celli/

  2. Avatar Renato Gelforte

    A proposito del copyright: utile leggersi l’intervista a Damilano, direttore de L’Espresso, su Ansa: “Copyright: Damilano, troppo silenzio in Italia” http://bit.ly/2t7p4xI che conclude dicendo:

    “Al momento c’è un conflitto aperto tra mondo editoriale e giganti del web che sembra tendere a favore di questi ultimi. Ma “chi produce contenuti ha tutto l’interesse a giocare fino in fondo questa sfida”.

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