La carta non finirà ma gli editori forse si.

Questo è il nocciolo della pseudo intervista letta su Portal@Book.it.
Negli ultimi mesi è stato tutto un susseguirsi di notizie sugli ebook e sugli editori pronti a trasferire i loro contenuti sui nuovi tablets o ereaders o come meglio li volete chiamare.
Una sorta di frenesia collettiva sembra aver rianimato coloro che per anni erano rimasti alla finestra a guardare incapaci di reagire davanti alla slavina del web, dei blogger e del futuro che non è più quello di una volta.
Quante volte li ho sentiti affermare: “Si è vero … cambierà tutto ma io non ci sarò o sarò in pensione” o cose simili.
Oppure “manca un modello di business”, tutto e gratuito e i soldi che arrivavano in una certa maniera adesso arrivano di meno e non si sa più da che parte prenderli.
Ora sembra che tutto questo nascere di tablets e device mobili abbia rianimato i loro istinti competitivi.
Forse complice una serie di tecnologie che promette una facile trasportabilità dei contenuti esistenti sui nuovi media, morale stiamo assistendo ad un florilegio di alleanze e di offerte a base di ebook e di apparecchiature per leggerli la cui fenomenologia risulta indecifrabile.
O forse sarà stata la notizia, da tempo in aria e solo da pochi giorni ufficiale, dello sbarco in Italia di Amazon, a rivitalizzare una serie di manager che sembra rispondano in maniera confusa, disarticolata e disomogenea.
Vuoi vedere che per gli autori c’è speranza?
È risaputo che chi scrive libri non può vivere di soli diritti di autore. Internet, qualcuno si azzarda a dire, permetterà un migliore rapporto tra autore e lettore.
Alcuni fanno paragoni con la musica e le major …
Altri fanno presente che il libro c’è da 600 anni mentre il business della musica è molto più recente.

Consoliamoci con la lettura di un bell’articolo sulla cultura di massa di Fabio Gambaro, la Repubblica, 22/11/2010, dove intervista Frédéric Martel in occasione dell’uscita in Italia del suo libro “Mainstream” e di una bella riflessione di Martel: “Oggi, avremmo bisogno di un nuovo Walter Benjamin che ci aiutasse a riflettere sull’opera d’arte all’epoca della riproducibilità digitale …”


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