Ha ancora senso il reato di esercizio abusivo della professione di giornalista?

Tempo fa mi è capitato di discutere su LinkedIN con un giornalista professionista che invitava i colleghi a essere vigili e segnalare coloro che esercitano la professione del giornalista senza averne diritto.

Onestamente non mi è chiaro che cosa significhi esercitare la professione del giornalista senza averne diritto.

Spacciarsi come giornalista per entrare in qualche fiera o qualche evento o qualche conferenza per ottenere un piatto caldo o un piatto freddo o degli aperitivi?

Lavorare in una redazione, scrivendo articoli senza essere inquadrato come giornalista professionista? E cosa ne facciamo allora di tutti quelli che sono pubblicisti e lavorano nelle redazioni dei giornali?

No, quelli van bene perché son comunque iscritti all’Ordine!

E come la mettiamo con tutti  blogger e tutti coloro che scrivono sul web senza essere iscritti all’Ordine?

C’è la libertà di espressione! E dopo il caso Carlo Ruta è ormai chiaro che “l’informazione in rete non può essere considerata “clandestina” né un reato“.

Ha dunque ancora senso parlare di giornalismo in un mondo dove tutti possono pubblicare qualcosa sul web?

È la domanda che si è posto qualcuno di poynter.com condividendo via twitter un articolo che spiega ai freelancer come sopravvivere nell’era degli articoli pagati in base alle visualizzazioni.

Leggete qui: How freelance journalists can (mostly) avoid working for free | Poynter.


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